A Piazza San Giovanni è successo qualcosa

Eccellente ed utilissima per comprendere ciò che è accaduto e perchè accadrà ciò che è inevitabile che accada, l’analisi di Marco Giusti esperto di comunicazione, critico cinematografico, autore televisivo e regista che è possibile leggere interamente su Dagospia e di cui riporto qui uno stralcio.

Grillo, alla fine, ha avuto gioco facile, ha dribblato tutti e ha segnato a Piazza San Giovanni, lasciando Ezio Mauro a Fabio Fazio per il dopo festival, cacciando a suo modo giustamente tutti i giornalisti italiani dal palco (come avrebbe fatto un Moretti), scatenando l’evento che tutti noi, dentro al cuore, sapevamo possibile e volevamo così.

Il ritorno di un sogno, di una speranza. Che non ci hanno certo dato le campagne elettorali di Bersani, la più grigia, o di Monti, la più inutilmente ricca, o di Ingroia, la più vecchia, o di Berlusconi, la più divertente, perché tutta costruita al di dentro di una strategia televisiva, ma la più limitata essendo ormai la tv uno strumento che comunica quasi esclusivamente coi vecchi.

Grillo, a San Giovanni, ha distrutto l’immagine di Crozza a Sanremo, lui sì è un vero stand-up commedia, ha inglobato dentro un evento televisivo, perché questo era, tutta la grande comunicazione da primo maggio comunista, Benigni e Berlinguer, attaccando pesantemente il PD e Bersani esattamente come fece tanti anni fa a Sanremo con Craxi e i Socialisti.

Anche se è un paese strano, ancora scosso dalla vittoria di Marco Mengoni al Festival, dal goal di Totti alla Juventus, dal richiamo incredibile di Siani al cinema, dove nell’unico reality politico che abbiamo fatto si è preferito Bersani a Matteo Renzi, l’unico in grado di poter competere in tv con Berlusconi e sul palco con Grillo, dove dopo vent’anni di berlusconismo e un anno di montismo non siamo ancora usciti dalle nostre prigioni, è stata una campagna elettorale meravigliosa. E qualcosa è davvero cambiato.

Elezioni politiche 2013, la volata finale ed oltre !

Ogni tornata elettorale ha una sua storia, dinamiche proprie valide per e in quel momento storico. Solo la pigrizia intellettuale potrebbe portarci ad identificare il quanto già accaduto, con quanto accadrà a giorni e a non cogliere costanti e differenze.
Per ora solo un fatto è certo, che il bipolarismo tra un centro-destra berlusconiano ed un centrosinistra gravitante intorno al Pd è finito.
Ora siamo dentro un sistema multipolare anomalo, con vaghi, molto vaghi, riferimenti sia all’attuale configurazione della politica tedesca che greca.
In tal senso ciò che accade in Italia è perfettamente europeo.
In tale sistema la radicalizzazione che si determina negli ultimi giorni che precedono il voto, è immaginabile premierà secondo due dinamiche opposte entrambe di cambiamento.

Da un lato l’elettorato che vorrà cambiare determinando il massimo dell’instabilità rispetto allo status precedente, obbiettivo raggiungibile a parere di molti votando Grillo, e all’estremo opposto chi vorrà cambiare ma rafforzando il polo della stabilità identificato in Italia Bene Comune, quello che si raccoglie intorno al Pd e a Sel.

Gli altri, tutto gli altri raggruppamenti, ritengo soffriranno parecchio di tale dinamica. Alcuni mancando il quorum ed altri raggiungendo risultati al di sotto delle aspettative.

Se ciò si verificherà, e se questa sarà la chiave di lettura possibile anche a posteriori è allora possibile immaginare un risultato di IBC tra il 33% ed il 36%, che ove si attestasse sul valore superiore della forchetta potrebbe fare ragionevolmente sperare nel raggiungimento della maggioranza anche al Senato, un M5s tra il 22% ed il 25% ed un Cdx tra il 24% ed il 27% ed infine un centro montiano tra il 12% ed il 9%. Tutto il resto rimarrebbe fuori.

Cosa ci attende per il dopo ?

L’autosufficienza di IBC, sul piano strettamente numerico, dipende dal risultato del senato, ed in ogni caso rischia di essere comunque una autosufficienza assai relativa.
Sul piano politico invece la prospettiva che era data per auspicabile, anzi certa,  dai vertici politici del Pd, di una alleanza con il centro montiano, pur se non accantonata, non potrà che risentire delle cadute di stile mostrate da questa area nella sua difficile ricerca del consenso in campagna elettorale, ne del probabile insuccesso delle liste che a tale schieramento fanno capo.

Vi sarà da fare i conti allora con la certamente numerosa pattuglia grillina, che al di là delle estremizzazioni tattiche e strategiche del capo, tende al pragmatismo ed alle buone pratiche, una risorsa importante quindi a cui guardare con attenzione, ove non si voglia rimanere prigionieri di vecchi schemi non più rispondenti alle necessità del presente.

Immaginare quindi a Roma un quadro di relazioni politiche simile a quello messo in piedi da Rosario Crocetta in Sicilia, non è poi tanto lontano dalla realtà.

Per ogni cosa a disposizione ! Firmato Enrico

Mario Monti - Enrico Letta

Enrico letta - Mario Monti

Scommettiamo che “Enrico di cognome fa Letta vista la colleganza dello stesso Enrico Letta con Mario Monti in qualcuno degli organismi internazionali che i “complottisti” tirano spesso in ballo (Commissione Trilaterale), l’appartenenza dello stesso “Enrico” al gruppo del Pd e la vicinanza a Pierliogi Bersani, il quale sembra ben consapevole del ruolo di collegamento del suo Enrico Letta con il premier Mario Monti ?

Il Corriere invece (toppando) così commenta:

Quasi una auto candidatura forse per un posto di vice ministro e poi un grande elogio al nuovo presidente del Consiglio. C’è questo in un bigliettino, firmato “Enrico”, che Mario Monti ha ricevuto alla Camera durante il dibattito sulla fiducia. Nel biglietto anche un riferimento al leader Pd Pier Luigi Bersani. Ecco il testo integrale del foglietto: «Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall’esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono!» “(Photoviews)

Un giorno dopo l’altro

Dice Metilparaben di avere la sensazione che l’Italia sia diventata un pò come quei dischi in vinile di una volta, che a un certo punto, maltrattati e lasciati alla polvere per troppo tempo, una volta messi sul piatto “saltavano”, così il braccetto e la relativa puntina ritornavano ciclicamente qualche solco indietro, ripetendo all’infinito il medesimo “refrain”, con effetti assai sgradevoli ed in qualche caso comici.

Nel caso in cui non l’abbiate notato, negli ultimi mesi le prime pagine dei principali quotidiani italiani sono più o meno sempre uguali: Berlusconi dice che ha la maggioranza e quindi le elezioni non servono, Bossi risponde un giorno che non è vero e l’altro che se lo dice lui allora bisogna fidarsi e comunque staremo a vedere che succede domani, Bersani sottolinea che il governo è ormai alla frutta e che il PD sta per iniziare un’opposizione spietata, Di Pietro denuncia il fatto che il premier è un tiranno della peggiore risma utilizzando qualche colorita metafora, Fini viene accusato di aver fatto qualcosa di orribile e comunque di essere un traditore, Vendola si produce in una complessa narrazione della situazione politica utilizzando una percentuale di parole incomprensibili variabile tra il 40 e il 60% del totale.

Poi, il giorno dopo, la maggioranza di cui parla il Cavaliere ancora non si è capito bene quale sia ma lui insiste a dire che c’è, Bossi risponde l’opposto di quello che ha risposto il giorno prima e comunque staremo a vedere che succede domani, l’opposizione annunciata da Bersani ancora non è iniziata ma ci siamo quasi e allora vedrete di che pasta è fatto il PD, Di Pietro si imbatte in qualche contrattempo col suo partito rivelandosi un satrapo con i suoi più o meno quanto Berlusconi lo è col paese, qualche finiano difende il suo capo dalle nefandezze attribuitegli e ribadisce che comunque loro non hanno tradito nessuno, Vendola precisa il concetto del giorno prima incrementando progressivamente la percentuale di oscurità del lessico e la complessità delle immagini utilizzate.

tutto il post qui

Ora tocca a te Gelmini !

OK, lui Pier Luigi Bersani, forse con quella sfilza di 30 o 30 e lode e un solo 28 resterà prigioniero dello stereotipo del “secchione“, ma resta il fatto che tocca ora a Maria Stella Gelmini sfatare il luogo comune che la vorrebbe solo “pupa“.

Qui sotto la fotocopia del libretto universitario di Pier Luigi Bersani, postata sulla pagina ufficiale di Facebok del leder dei democratici in risposta al ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini che gli ha dato dello «studente ripetente», criticando la sua scelta di salire sui tetti della Sapienza.

Come promesso, ecco i miei voti del corso di Filosofia, Storia del cristianesimo in cui mi sono laureato con 110 e lode” ha scritto online il segretario dei Democratici, invitando Mariastella Gelmini a fare la stessa cosa.

Il guanto di sfida era stato lanciato da Bersani al ministro già nell’aula di Montecitorio: “«Pubblicherò su Internet tutti i voti di tutti i miei esami del mio corso di laurea. Mi aspetto che il ministro faccia altrettanto.“.

 

Bersani i voti

I voti di Bersani

Vuoi vedere che anche il governatore Draghi è diventato “rosso” ?

ipse dixit:

Senza la prospettiva di una pur graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari” si hanno “effetti alla lunga negativi su produttività e profittabilità“.

ed ancora:

rimane diffusa l’occupazione irregolare stimata dall’Istat in circa il 12 per cento del totale dell’unità di lavoro

ed infine non risponde a verità che la diminuzione della crescita del prodotto per abitante “sia media di un Nord allineato al resto d’Europa e di un Centro-Sud in ritardo. Così non è“.

Ora sarà il caso che il governatore lo spieghi, come minimo, a Bossi, Berlusconi, Casini, Bersani, Bonanni, Sacconi e Marchionne.

La metafora del Pd

Giochi di bimbi

-Ehi, Francesco, che fate in camera da due ore?
-Giochiamo!
-A cosa?
-Alla politica, mamma.
-Alla politica?
-Sì.
-E scusa, com’è che si gioca alla politica?
-Allora, Matteo fa casino, lo vedi?
-Lo vedo, lo vedo. E lo sento anche. Che vorrebbe dire?
-Vuol dire che è Fini, no?
-Ah…
-Poi c’è Gianmarco, che dice che bisogna fare le elezioni sennò siamo milioni e ce l’abbiamo…
-Va bene, va bene, ho capito, non c’è bisogno di specificare. Sarebbe Bossi, giusto?
-Giusto! Io invece dico calma, non si sa, ho cinque punti, vedremo, e comunque Matteo se ne deve andare senza fare merenda. E sono…
-…Berlusconi…
-Brava mamma! Poi c’è Paoletto, che è tutto rosso e strilla che è una vergogna è uno schifo non se ne può più, lo vedi?
-Lo vedo sì… E’ tutto accaldato…
-Ecco, lui fa Di Pietro.
-Mmm ma che carino ‘sto gioco…
-Sì, ci piace tanto…
-Però scusami eh, cerca di coinvolgere pure tuo fratello quando giochi con i tuoi amici…
-Ma mammina…
-Eh, mammina Un corno! Dai, Francesco, non è che siccome è più piccolo lo devi escludere, già te l’ho detto più di una volta!
-Ma…
-Niente ma! Guarda, voi non ve lo filate e lui si è addormentato, povera creatura…
-Ma no, mamma, te lo giuro, gioca anche lui…
-Paoletto, non prendere in giro tua madre! Come sarebbe, che gioca anche lui?
-Eh, lui fa Bersani.

grazie a Metilparaben

Vietti si, Sergio Mattarella no !

Saprete tutti che nei giorni scorsi è stato eletto come vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura il discusso deputato dell’Udc onorevole Michele Vietti. Ma non è di lui che qui si vuole parlare, quanto di chi pur essendo stato nella rosa dei possibili candidati non è stato infine candidato e quindi nemmeno eletto.
Un articolo su Blitz Quotidiano, di ieri ci dice perchè il nostro conterraneo onorevole Sergio Mattarella non è stato più candidato alla vice presidenza del CSM.

“Sergio Mattarella doveva andare al Csm, ma Berlusconi non lo ha voluto perché fu unico a fargli opposizione. E Bersani ha ingoiato

Indiscreto.  Dicono a Roma che il candidato della sinistra per il posto di vice presidente del Consiglio superiore della magistratura (Csm) era Sergio Mattarella, ex deputato democristiano e poi popolare, ex ministro della Difesa, siciliano, 69 anni.

Persona integerrima, aveva tutte le carte in regola, compresa l’origine democristiana che sembra caratterizzare chi occupa quel posto dopo Carlo Federico Grosso. Tutte tranne una, quella del gradimento di Berlusconi.

Quando gli sherpa della sinistra hanno proposto agli omologhi della destra il nome di Mattarella, si sono trovati davanti a un muro. Mattarella no, gli hanno detto: non piace a Silvio Berlusconi.

Non risulta che ci sia stata la minima resistenza o reazione da parte del segretario del Pd, l’ex comunista Pier Luigi Bersani, che sta già conducendo nel partito una epurazione il cui più preclaro esempio è la vicenda del direttore di Rai 3 Ruffini.

Non si può dare torto a Berlusconi, la cui memoria è sempre eccellente. Mattarella è uno dei pochissimi politici italiani che non si sono fatti travolgere dall’irresistibile charme di Berlusconi ed è anche uno dei pochissimi ad averlo ostacolato e combattuto con coerenza, senza finte, senza manfrine, senza strizzatine d’occhio, come hanno fatto invece ben più importanti e sempre galleggianti leader della sinistra, tipo Massimo D’Alema e gli ex comunisti in genere.

I fatti che sono costati a Mattarella il nyet di Berlusconi risalgono a vent’anni fa, in era pre mani pulite e pre discesa in campo dello stesso Berlusconi, quando ancora regnavano Andreotti, Forlani e Craxi (il Caf).

All’epoca Berlusconi era ancora soltanto un ricchissimo  (anche se la Standa e la recessione avevano aperto qualche crepa nel suo patrimonio) e potentissimo proprietario di televisioni, che sapeva muoversi con abilità tra partiti e logge, facendo, anche prima di entrare in politica attiva, un pezzo di storia d’Italia.

Aveva provato a impadronirsi di Repubblica e dell’Espresso ed era stato costretto a una insoddisfacente per lui spartizione con Carlo De Benedetti di giornali e riviste che lo aveva portato a essere azionista di controllo della Mondadori, ma a lasciare sul campo quello che all’epoca era il primo quotidiano d’Italia, la Repubblica.

Questo però non bastava a mettere al sicuro il sistema dei giornali e delle tv italiani dalle ambizioni egemoni di Berlusconi ed era necessaria una legge che mettesse regole alla proprietà di reti tv e agli incroci tra proprietà di tv e di giornali.

Gli unici che si batterono senza mai un’esitazione perché questo avvenisse furono gli uomini della sinistra dc, di cui Mattarella faceva parte. Lo fecero con tanta determinazione e coraggio che arrivarono a lasciare il governo, abbandonando diversi posti da ministro o da sottosegretario, e tutti sanno quanto per un politico un posto di quel genere sia fondamentale e decisivo. Ottennero però una legge, la Mammì, che fissò dei paletti importanti, anche se poi negli anni successivi venne lentamente stravolta.

L’agonia dei giornali dal punto di vista economico venne sancita con la fine di un disegno di legge, noto come 1138, che doveva ridurre la pubblicità in televisione. Complici D’Alema, che presiedeva la infausta commissione bicamerale e il Pci o come si chiamava all’epoca, la legge venne affossata sia in Senato, dove era all’esame, sia da Berlusconi stesso, all’epoca ancor giovane e molto brillante nella sua capacità di fare cambiare opinione ai parlamentari.

Sono storie ormai vecchie, ma giustamente Berlusconi non dimentica. Purtroppo dimenticano tutti gli altri, sia nei confronti di Mattarella, sia nei confronti di chi ha contribuito a ridurre il gas ai giornali, ormai invece di ricordare fanno convegni. Intanto D’Alema presiede il Copasir, Mattarella è in pensione. C’est la vie.”

da Blitzquotidiano.it

Ed il modello “quella è la porta” no ?

Bottegai, senza offesa per gli esercenti la nobile arte del commercio, che si credono generali.

Questo è la rappresentazione di se, del gruppo dirigente del maggior partito di opposizione,il Pd, ed in specie del suo massimo esponente, il segretario Pierluigi Bersani ed il suo mentore Massimo D’Alema.

Ho atteso un po prima di cominciare a trarre qualche conclusione, perchè a caldo si finisce per essere trascinati, nei giudizi, dai sentimenti.

Ma ora, a freddo, posso dire serenamente che l’unico punto fermo alla luce del prima, dello svolgimento, e dei risultati di questa tornata elettorale è che abbiamo a che fare con dei semplici bottegai frustrati, incapaci nella competizione a reggere il confronto con il principe dei venditori.

Come valutare infatti la vicenda Puglia e le dichiarazioni di D’Alema, tese a segare la candidatura di Nichi Vendola, in favore dell’incolore Boccia, in una manovra che doveva portare ad un qualche accordo con l’Udc?
E dopo il voto, come valutare la dichiarazione di Bersani il quale dopo avere esaltato in precedenza il cosidetto modello “emiliano”, (precario anchesso nel quale visto che Errani si è fermato al 52%, Grillo ha preso il 7% e la Lega quasi al 14%), lo senti blaterare di modello “Liguria”, come dire che per opporsi al centrodestra basterebbe la sommatoria di tutto e del contrario di tutto, sinistra comunista e radicale, dipietristi e grillini con contorno di centristi, ed infine incrociare le dita e sperare che ci si fidi delle capacità di governo di una tale inquietante ed informe massa di mediocrità.

Non è meglio che imbocchino il corridoio e premano la maniglia di quella porta in fondo dove c’è scritto “Exit” ?

Nell’attesa gustatevi gli ultimi 20 minuti di “Blob – Fluido mortale” del 1958 con Steve Mc Queen.

Frase celebre “E’ la cosa più orribile che abbia visto in vita mia !

Verso la manifestazione del Pdl a Roma

Casini

“Noi per Berlusconi rappresentiamo una sfida molto più impegnativa di quella con la sinistra. Lui pensa di essere il padrone dei moderati ma deve rassegnarsi a convivere perlomeno in condominio. Siamo più piccoli è vero ma abbiamo più tempo davanti rispetto a lui…”” ed ancora “Il suo nervosismo dimostra solo che i sondaggi li ha visti anche lui. E allora visto che sa di cosa parlo, gli consiglio di accontentarsi di vincere in qualche regione dove è alleato con noi che nella situazione in cui sta è già un buon risultato.”

Bersani

“Vedo titoli a nove colonne sulle uscite estemporanee del nostro presidente del Consiglio e spero che non proponga la monarchia” ha detto il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, oggi a Torino per un appuntamento elettorale, dopo le dichiarazioni di ieri del premier che ha parlato di riforme e di elezione diretta del presidente della Repubblica. Bersani si augura che alla manifestazione il premier “abbia parole da capo del Governo, non da capo popolo, capo partito, capo azienda, capo lista, capo redattore del Tg1”.

Pezzopane

Il presidente della Provincia dell’Aquila risponde al coordinatore del Pdl Denis Verdini, che aveva invitato gli abruzzesi a recarsi a Roma come segno di gratitudine per le case ricevute dal governo. “Verdini non conosce la differenza tra Stato e partito. Tra diritti e favori elettorali”, ha detto Stefania Pezzopane. “Per quale motivo gli sfollati (…) dovrebbero essere in debito morale col suo partito tanto da riempire gli autobus e recarsi a Roma a fare da comparse teleguidate alla protesta contro i fantasmi e le allucinazioni di alcuni del Pdl? E’ allucinante che si permetta di offendere i terremotati con pretese di risarcimento elettorale per un intervento che era nei doveri istituzionali di un governo”.

Qui la lettera di Verdini in pdf

Due cortei.

Un primo corteo partirà dal Circo Massimo con in testa Renata Polverini e le deputate del Pdl dietro ad uno striscione con lo slogan “Le donne parlano al futuro”. Con loro ci sarà anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
Il secondo corteo, in partenza alle 15 dalla stazione della metro Colli Albani, vede impegnati molti ministri del governo, i capigruppo ed i vice-capigruppo del Pdl. A fare da apripista i ragazzi di Giovane Italia con lo striscione “Dal governo del fare alle regioni del fare”.

I numeri

Oltre 3mila pullman, tre punti di raccolta in città, un palco di 24 metri per 16, due maxi schermi di 6 metri per 8, 12 telecamere, 4 chilometri di transenne, 150 operai e tecnici, 13 gazebo (uno per ogni regione in cui si vota), uno spazio per i Promotori della Libertà, due palchi per la Giovane Italia e i Club della Libertà.