Ecco, la crisi è a questo punto, parola di Romano Prodi

Così siamo diventati il bersaglio dei mercati

ROMA – Da anni i mercati ballano, da anni la speculazione impazza, da anni si pensa a grandi riforme del sistema bancario e finanziario mondiale e non accade nulla. L’opinione pubblica se la prende con quattro o cinque «cattivi», cioè con le grandi banche internazionali che, nella speculazione, hanno più goduto che sofferto.

Questa irritazione è giusta ma il problema è assai più vasto e più grave. Si calcola infatti che oggi vi siano oltre 12 mila miliardi di euro parcheggiati nel sistema bancario «ombra», cioè in fondi non controllati e non regolamentati o regolamentati in modo insufficiente. Questi fondi per definizione lavorano a breve, cioè corrono incessantemente di qua o di là e sfruttano la cosiddetta «leva finanziaria» mobilitando quantitativi di denaro molto superiori a quelli che posseggono. Con uno scommettono su cento.

È noto che nelle scommesse si punta sull’aspettativa del risultato e il risultato è più sicuro quando gli operatori finanziari «ombra» si muovono in gregge, con la dimensione e la velocità che l’automatismo dei moderni sistemi di informazione rende possibile. In poche parole i loro computer scattano tutti insieme, comprano e vendono gli stessi titoli e forzano in tal modo il compimento delle aspettative. Un processo che viene magistralmente sintetizzato nell’ultimo documento del Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace, in cui si condanna un sistema che tende a «minimizzare il valore delle scelte dell’individuo umano concreto che opera nel sistema economico-finanziario, riducendo queste scelte a mere variabili tecniche».

Mi rendo conto che sono stato costretto a descrivere il funzionamento di un sistema finanziario internazionale degradato e deteriorato. Un sistema che provoca crescenti ingiustizie tra ricchi e poveri spostando tutto il reddito verso il capitale (e chi lo gestisce) e non verso il lavoro. Un sistema che impoverisce l’intera economia mondiale togliendo immense risorse al cammino produttivo dell’economia stessa. Un sistema in cui i cervelli migliori vengono impiegati nelle banche d’affari per scommettere e non nelle imprese o nei laboratori per produrre o per innovare. Se queste risorse fossero dirette verso investimenti produttivi faremmo ben presto ad uscire dalla crisi. Purtroppo le cose non stanno così: siamo entrati in crisi per opera di questo capitalismo speculativo e non riusciamo a uscirne per lo stesso motivo.

In questo capitalismo estremo la scommessa del computer diventa addirittura un gioco quando si punta su un bersaglio grande, debole e lento a muoversi, quando cioè si spara sulla Croce Rossa. Tutto ciò spiega con la massima chiarezza perché il sistema bancario «ombra» abbia scelto come principale bersaglio l’Italia e non la Spagna, nonostante la nostra economia sia molto più robusta e il nostro deficit molto inferiore. Deve fare riflettere il fatto che, anche se in Spagna la disoccupazione supera il 21%, i buoni del Tesoro degli amici iberici sono acquistati a tassi di interesse molto inferiori ai nostri.

Questo si spiega solo con il fatto che, indicendo con prontezza nuove elezioni, la Spagna ha dato prova di volere affrontare alle radici il problema del futuro e ha, almeno temporaneamente, posto freno alle aspettative negative. Non si sa quanto questo possa durare ma il botteghino delle scommesse in Spagna è temporaneamente chiuso.
In Italia invece, proprio mentre si pensava di tornare da Bruxelles rassicurati da una rinnovata solidarietà europea, si è dovuto assistere alla peggiore asta dei Buoni del Tesoro decennali da quando esiste l’euro, con tassi che hanno superato il 6 per cento. La Bce continua ad aiutarci ma, di fronte elle aspettative negative da parte dei fondi che corrono per il mondo, non c’è Bce che tenga.

Ci vorrebbero gli eurobonds perché, con la loro grande dimensione e la solidarietà dell’Europa, fornirebbero a tutti una protezione insuperabile. Gli eurobonds però non ci sono e, nonostante i passi in avanti dell’ultimo vertice di Bruxelles, non ci saranno per un pezzo perché, nell’attuale stagione politica, la solidarietà europea continua ad essere tardiva e insufficiente di fronte alle dimensioni della crisi.
Dobbiamo quindi essere soprattutto noi italiani, con una strategia credibile, a fare cambiare bersaglio ai grandi scommettitori. Non è compito delle presenti riflessioni indicare se questo necessario cambiamento debba esprimersi attraverso nuove elezioni o attraverso un nuovo governo, ma è indubitabile che la fiducia del sistema finanziario internazionale nei confronti del governo esistente è impossibile da ricostruire. Anche se le frecce vengono tirate da mano indegna è saggio e doveroso spostarsi dal bersaglio.

Romano Prodi

da Il Messaggero

NB. – il neretto è di Diarioelettorale

Questo Papa comincia ad essermi simpatico

IL RUOLO DEGLI AGNOSTICI – Ed è a questo punto che Benedetto XVI tira le sue conclusioni: «Ho detto che esiste una concezione e un uso della religione attraverso il quale essa diventa fonte di violenza, mentre l’orientamento dell’uomo verso Dio, vissuto rettamente, è una forza di pace. In tale contesto ho rimandato alla necessità del dialogo, e parlato della purificazione, sempre necessaria, della religione vissuta. Dall’altra parte, ho affermato che la negazione di Dio corrompe l’uomo, lo priva di misure e lo conduce alla violenza». Ebbene, «accanto alle due realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio». Persone del genere «non affermano semplicemente: “Non esiste alcun Dio”. Esse soffrono a motivo della sua assenza e, cercando il vero e il buono, sono interiormente in cammino verso di Lui. Sono pellegrini della verità, pellegrini della pace. Pongono domande sia all’una che all’altra parte». Ed è questo, conclude il Papa, il ruolo decisivo degli agnostici in cerca della Verità: «Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza nei confronti degli altri».”

da Corriere.it

Non è Roma,non è Atene, è Oakland negli USA

Mentre in Italia, le discussioni e l’indignazione per il corso preso dalle istituzioni internazionali per arrivare alla soluzione della crisi mondiale, sono state soffocate sul nascere da quelle sulla opportunità, liceità ecc. ecc. della violenza, negli USA accade questo:

Ieri a Occupy Oakland, USA la polizia ha sgomberato il presidio e gli indignados locali sono tornati in forze per riprenderselo.

In Italia invece si continua ad oscillare tra gli “ultras” da stadio e i “rassegnatos” e si discute se si debba stare con gli uni o con gli altri.

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Per il senatore Antonio D’Alì la procura di Palermo chiede il rinvio a giudizio

Mafia: procura Palermo chiede giudizio per sen. D’Ali’ – E’ accusato di concorso esterno

(ANSA) – TRAPANI, 24 OTT – La procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio del senatore Antonio D’Ali’ (Pdl) per concorso esterno in associazione mafiosa. Per due volte la procura distrettuale aveva proposto l’archiviazione ed in entrambi i casi il gip Antonella Consiglio l’ha respinta. Il gip, dopo aver ricevuto, nell’aprile dello scorso anno, la seconda richiesta di archiviazione, ha invitato i pm titolari del fascicolo a riformulare l’accusa.(ANSA).

da ANSA.IT

Sondaggio elettorale DEMOS ottobre 2011 per La Repubblica

Chi sale e chi scende.

Salgono rispetto alle politiche 2008: Lega Nord (+0,5), FLI (+3,6) che non c’era alle precedenti elezioni, Udc (+1,9), Idv (+3,8), Sel (+3,7), Movimento 5 Stelle (+4,3) non c’era alle precedenti elezioni.

Perdono consenso rispetto alle politiche 2008: Pdl (-11,3), Pd (-5,1), Altri partiti minori (-1,4).

Grande crisi di leadership da parte delle dirigenze dei due maggiori partiti di entrambi gli schieramenti che determina la frammentazione nell’ambito delle coalizioni possibili.
La nascita di un terzo polo centrista colpisce in particolare la coalizione di centro-destra.
La possibile coalizione di entro-sinistra basata su Pd-Idv e Sel è maggioritaria nel paese con il 44,0 % a fronte del 35,3 % di pdl e Lega.

Secondo il sondaggio in una ipotetica corsa a tre la coalizione di Centro-sinistra otterrebbe il 43,8 % contro il 36,6 % del centro-destra ed il 18,9 del terzo polo (Udc + FLI ed altri).

Sondaggio realizzato da Demos & Pi.
Il sondaggio è stato condotto nei giorni 18 ottobre – 20 ottobre 2011 da Demetra (metodo CATI).
Il campione nazionale intervistato è tratto dall’elenco degli abbonati di telefonia fissa (N=1.038, rifiuti/sostituzioni: 4.253), ed è rappresentativo per i caratteri socio-demografici e la distribuzione territoriale della popolazione italiana di età superiore ai 18 anni (margine di errore 3.0%). Le stime sulle intenzioni di voto sono state realizzate tenendo sotto controllo la distribuzione territoriale, i caratteri socio-demografici e i precedenti comportamenti elettorali dei rispondenti.

Se il Pd va così a Bologna …

figurarsi nel resto d’Italia !

Bologna, mezzo Pd si allea col centrodestra: “Niente gay nella commissione famiglia

Bologna: l‘ala cattolica del partito sulle posizioni di Udc, Pdl e Lega in merito alla richiesta di entrare nella consulta comunale avanzata da associazioni che rappresentano omosessuali e le loro famiglie. I cattolici di sinistra fanno eco alle formazioni bolognesi di Pdl, Udc e Lega Nord: no all’ingresso dei gay e delle loro famiglie nella Consulta per la famiglia. Ed ecco così che si profila una rottura nel centrosinistra dopo la richiesta avanzata da due associazioni che riuniscono i genitori di persone omosessuali, Agedo e Famiglie arcobaleno.

“Si vuole legittimare la famiglia gay”, attacca il Pdl rincalzato dal consigliere comunale Manes Bernardini: “Siamo stupefatti. L’eventuale apertura al mondo omosessuale può riguardare forse altri ambiti, ma non certo questo. Per quanto ci riguarda l’unica famiglia che riconosciamo è quella naturale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”.

E fin qua tutto secondo copione. Più inaspettato che il veto arrivi da altri fronti. Primo tra tutti Riccardo Petrella, eletto nelle file dei democratici a Palazzo D’Accursio e da sempre su posizioni cattoliche: “Ammettere quelle associazioni nella Consulta è un abuso e bisogna riparare all’errore. Il riconoscimento delle coppie omosessuali in quanto famiglie non è previsto dal programma del partito democratico”.

Con lui le Acli, che hanno già promesso dura opposizione. Il presidente Francesco Murru ha già annunciato che “alcune organizzazioni se ne andranno se arriveranno le due associazioni gay”. E per la Pd Raffaella Santi Casali “non bisogna nascondersi dietro a un dito, nel gruppo democratico ci sono sensibilità differenti che si faranno sentire nei momenti e nei luoghi appropriati”. Su linee analoghe la presidente del Quartiere Savena, Virginia Gieri.

A tutti risponde il sindaco Virginio Merola: “Bisogna uscire da questi schemi e sostenere tutte le famiglie numerose al di là dell’ideologia”. È d’accordo Amelia Frascaroli, assessore al welfare, da subito favorevole all’entrata delle due associazioni. Facendo appello alla Costituzione, l’esponente vendoliana della giunta ha ricordato che “tutte le persone hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso e razza”.

Ma la consigliera dell’unione democristiana Silvia Noè sfodera l’articolo 29 del dettato costituzionale “che definisce chiaramente cosa è la famiglia, richiamato anche dallo Statuto della stessa Consulta», cioè basata sul vincolo matrimoniale tra persone dello stesso sesso. E il Cassero, sede storica dell’Arcigay bolognese, entra nel dibattito con Emiliano Zaino, presidente del circolo: “Le famiglie omossessuali sono formazioni sociali garantite dall’articolo 2 della Costituzione e che quindi sono portatrici di diritti familiari”.

A fronte della polemica esplosa, le associazioni proponenti non fanno passi indietro. Come racconta la presidentessa di Agedo, Flavia Madaschi: “Questo potrebbe essere un grossissimo passo avanti per le nostre famiglie, però sembra che questo passo avanti non si voglia fare. Il discorso è che, come al solito, quando si sente la parola gay, addio, il discorso è già chiuso”.

Le basi per il quel temuto varco del riconoscimento legale e giuridico di nuclei e dei matrimoni omosessuali, le getta un atto di indirizzo (documento amministrativo che serve a indirizzare per l’appunto la politica locale, separando l’amministrazione dalla politica di governo) giacente in Comune fin dal 1999. “Un atto molto lungimirante”, lo definisce Amelia Frascaroli perché introdurrebbe un’anagrafe delle famiglie su base affettiva. “Si pensi che la sua ideazione risale a una circolare di dieci anni prima del ministro Andreotti“.

Dalle schiere del movimento gay, interviene Cathy La Torre, consigliera comunale Sel: “Le famiglie omosessuali esistono, che piaccia o meno alla destra. Sono circa 100 mila. Hanno gli stessi problemi delle altre: l’accesso ai nidi o le difficoltà con i servizi essenziali. La consulta è un organismo che nel suo mandato istituzionale ha il compito di interrogarsi sui bisogni di tutti, per cui è naturale che le associazioni gay vi rientrino”.

E alle affermazioni della destra, La Torre risponde per le rime: “Visto che parlano sempre di cosa è naturale, l’affettività fra le persone è naturale”. Il punto sembra essere che la situazione legislativa nazionale non riconosce proprio il diritto all’affettività. “L’aberrazione”, prosegue l’esponente del Sel, “è essere cittadini di serie b. In Italia siamo rimasti gli unici a non riconoscere nemmeno le unioni civili”.

Sarà il consiglio comunale a decidere. Pasquale Caviano, consigliere Idv e presidente protempore della Consulta, assicura: “Confermo che deciderò io”, in base a criteri decisi dalla segreteria della Consulta famiglia, attualmente a maggioranza cattolica. Se non altro, conclude Flavia Madaschi di Agedo, “ora, legalmente, non si può evitare di discutere e prendere in considerazione la nostra richiesta”.

di Giovanni Stinco e Ilaria Giupponi

da Il Fatto Quotidiano

Processo per l’omicidio di Mauro Rostagno (18)

Udienza del 19 ottobre 2011 del processo per l’uccisione del sociologo e giornalista Mauro Rostagno avvenuta nel piccolo borgo di Lenzi, in territorio di Valderice la sera del 26 settembre 1988 ed in corso di svolgimento davanti alla Corte d’Assise di Trapani.

Alla sbarra il boss mafioso Vincenzo Virga e Vito Mazzara, per l’accusa, rispettivamente, mandante e killer dell’omicidio che sarebbe stato deciso per punire Rostagno per la sua attività giornalistica condotta attraverso l’emittente Rtc ‘Radio Tele Cine’.

Durante l’udienza vengono esaminati i periti: professor Livio Milone e l’ispettore Emanuele Garofalo consulenti tecnici dell’accusa.

Il professore Livio Milone è specialista in medicina legale ed è stato incaricato di accertare ove possibile la dinamica dell’omicidio, risponde al pm Gaetano Paci.

Sono stati esaminati i reperti e le relazioni di perizia autoptica a suo tempo effettuata, le perizie succedutesi (Lombardi e ispettore Manetto) e i verbali delle testimonianze della Serra Monica e della Fonte Silvana. Da una di queste relazioni dei carabinieri risulta il ritrovamento di una borra (lo stoppaccio di materiale feltroso che nelle cartucce si frappone fra la carica esplosiva e la pallottola) di fucile calibro 12 nella Fiat Uno data a fuoco e che sarebbe stata usata dai killer di Rostagno, tuttavia questa borra non e’ potuta essere oggetto di esame perché non più nel possesso della procura di Palermo e non ne è stata possibile la comparazione con quella rinvenuta sul luogo del delitto.

Videoriprese utilizzate sono state la ricostruzione grafica al computer, dalla perizia dell’ispettore Manetto, ed un video che sarebbe stato ripreso la sera stessa dell’omicidio, apocrifo, ma che collima con le foto fornite dai carabinieri.

L’autopsia accertò all’epoca che Mauro Rostagno fu raggiunto da due colpi di arma da fuoco corta alla testa appena sopra (10 cm e 5 cm) il padiglione auricolare sinistro. Uno dei proiettili fu rinvenuto all’interno del cranio, un altro fuoriuscì all’altezza del labbro, proiettili calibro 38 con direzione da sinistra verso destra ed inclinazione dall’alto verso il basso e leggermente dall’indietro in avanti.
Alla regione posteriore del collo sono stati rinvenuti poi i segni di una rosata.
Vengono quindi proiettate alcune foto relative all’originario sopralluogo sul luogo del delitto.
Al momento del rinvenimento la vettura viene ritrovata al termine di un quadrivio (a destra verso la comunità Saman, a centro un baglio, a sinistra una strada che si perde verso la campagna), l’autovettura ferma prospicente un muro in cui è un cartello indicante Saman (integro) ha le ruote allineate in asse rispetto alla vettura, ha la prima inserita luci di posizione accese chiavetta inserita in posizione di marcia e motore spento, non ci sono foto del Rostagno al posto di guida, in cui viene raggiunto dai colpi, in quanto il corpo viene da parte dei carabinieri intervenuti subito avviato all’ospedale dove arriva cadavere.
Intorno all’autovettura, frammenti lignei, cartucce integre calibro 12, bossoli esplosi rinvenuti in posizione posteriore all’autovettura.
L’autovettura presenta il vetro ed il deflettore del sedile posteriore lato guida infranto ed alzato per 2/3.
All’interno dell’autovettura si rinvengono due borre di fucile calibro 12, l’una sul cruscotto e l’altra per terra.
Il secondo proiettile calibro 38 sparato alla testa contro Rostagno e fuoriuscito non risulta repertato nell’originaria relazione balistica e scientifica cioè non si e’ trovato. E’ presumibile che il proiettile sia rimasto dentro la carrozzeria della Duna.

Secondo le risultanze dell’autopsia Rostagno sarebbe stato raggiunto da due colpi di arma da fuoco, pistola calibro 38 e da quattro colpi di fucile calibro 12 per come si ricava dalle rosate riscontrate sul corpo con direzione dall’indietro in avanti, provenienti quindi dal lunotto posteriore dell’autovettura che si è riscontrato infranto.

Rostagno per prima viene colpito dai colpi di fucile esplosi alle spalle in quanto il Rostagno doveva trovarsi al momento del raggiungimento dei colpi assiso al sedile di guida.
Secondo le sue valutazioni il professore Milone ritiene che i colpi di fucile siano stati due o tre e non quattro per come originariamente rilevate e ciò in virtù del tipo di pallini usati per il caricamento dei colpi di calibro 12.
I primi colpi sono quelli esplosi da dietro col fucile, l’auto era verosimilmente ferma in questo momento, Rostagno forse si e’ fermato e in questo istante vengono esplosi i colpi da dietro un altro soggetto spara su Rostagno dal lato con una calibro 38, attraverso la fessura del vetro lato guida, tuttavia il professore Milone non esclude che a sparare possa essere stata una sola persona, prima usando il fucile e poi la pistola, l’uso di fucili calibro 12 e di pistola calibro 38 e’ circostanza storica nei delitti di mafia, il fucile per arrestare, la pistola per dare il colpo di grazia.

Interviene adesso l’ispettore Galofaro del gabinetto di polizia scientifica a proposito dei reperti
Galofaro spiega il lavoro di comparazione svolto tra i reperti dell’omicidio Rostagno ed i reperti di alcuni delitti di mafia compiuti nel trapanese come quello dell agente di custodia Giuseppe Montalto, Pizzardi Gaetano, Sciacca Rosario, Piazza Giuseppe ed altri.
Impronte a freddo significa che sono state provocate non in sede di esplosione dei relativi colpi ma in tempo anteriore all’utilizzo.
Per fare questo esame viene usato un microscopio comparatore.
Le impronte a freddo (microstrie) sui bossoli esplosi (tre cartucce calibro 12) e le due inesplose del caso Rostagno sono state “camerate” da una medesima arma, un fucile Breda modello Antares semiautomatico calibro 12.
Secondo l’ispettore Galofaro le impronte a freddo coincidono per i delitti Rostagno, Pizzardi Gaetano e Sciacca Rosario e Piazza Giuseppe.
La comparazione delle impronte a caldo invece non ha dato esito positivo.

Nel caso Rostagno la perizia Manetto e l’attuale perizia non coincidono. Per Manetto sarebbero stati utilizzati tre fucili calibro 12 dei quali uno sarebbe una doppietta senza espulsione dei bossoli e due semiautomatici dei quali uno sarebbe esploso.

Il Milone propende per la tesi che prima siano stati sparati i colpi di fucile e dopo i colpi di pistola, alla luce anche della testimonianza della Serra, la quale ha riferito di essere stata avvertita del pericolo dal Rostagno.

Il pm Del Bene chiede se e’ possibile che a fronte di una concentrazione di fuoco così ampia la Monica Serra che accompagnava in auto Rostagno sia rimasta incolume, e’ possibile risponde Milone, sottolinea pero che mancano riscontri sullo stato della Serra dopo il delitto, se fosse per esempio sporca di sangue o meno.

Pomeriggio

Garofalo, su richiesta del pm Ingroia, spiega che una cartuccia, è l’intero inesploso, il bossolo è invece ciò che rimane dopo lo sparo.
Quale e’ l utilita’ del cameramento a freddo di una cartuccia ?
Non c e’ una ragione tecnica risponde il perito Garofalo, aggiunge Milone può essere fatto per provare l’arma, senza fare fuoco, oppure procedere a periodici caricamenti e scaricamenti del fucile per testare l’elastica’ della molla interna del serbatoio.
Tali necessita’ sono legate alla circostanza di avere certezza della funzionalità nel momento del suo uso.

La parola alle parti civili.

Avvocato Miceli chiede di una ferita alla mano sinistra di Rostagno, risponde Milone che probabilmente si è trattato di due pallettoni situazione compatibile con la circostanza che i colpi di fucile sono stati esplosi da dietro.

Dalla domanda ancora dell’avvoccato Miceli emerge la circostanza che il pallettone usato nel delitto Rostagno e’ di peso superiore a quello originario dichiarato dalla casa di produzione, quindi si presume che si tratti di armamento “ritoccato”.
Nella prima perizia del colonnello dei carabinieri Lombardi e’ segnato che si tratta di armamenti di produzione artigianale, noi dice Milone non abbiamo rilevato segni di tale artigianalità e la differenza nel numero dei pallini non è segno distintivo essendo in sede industriale verificato il peso, che deve stare dentro un certo range.

L’avvocato Crescimanno a proposito della composizione di una cartuccia.
La base e’ quella più resistente in una cartuccia da caccia lo rivesto con fondelo in ottone alto a secondo del tipo di energia che verra sviluppata, il tubo può essere cartone o plastica, al interno c’e’ polvere da sparo, pistone costituito da borra in materiale tradizionale o anche plastica e la carica di piombo, la borra al momento della deflagrazione serve a dare spinta alla carica esplosiva, al caricamento in piombo. Al momento dello sparo esce borra e piombo.
La domanda e’ indirizzata a comprendere il rinvenimento in distinti punti dell auto dove era Rostagno delle due borre.
Il reperimento della borra una sul cruscotto e l’altra sotto la pedaliera sono del tutto casuali.

Alla domanda dell’ avvocato Crescimanno il prof Milone torna a dire che mancano elementi per stabilire la distanza alla quale si e’ sparato contro Rostagno.

Avvocato Lanfranca sulla inequivocabilità delle impronte a freddo e sulla loro affidabilità.
Inequivoco nel determinare il passaggio di una cartuccia o bossolo da una certa arma, ma non è detto che siano stati utilizzati per l’omicidio Rostagno.

Avvocato Greco sul fucile (tipo di caccia, tiro utile) ecc.

Avvocato Crescimanno sul proiettile di 38 di cui si esclude che abbia attraversato una superfice di vetro.

E’ il turno ora della difesa, avvocato Salvatore Galluffo difesa di Vito Mazzara.

Si chiedono chiarimenti sulle microtracce sul cameramento e sul dente.
La domanda riguarda l’esito dell’esame balistico sulle cartucce a disposizione per la comparazione, e la comparazione tra le cartucce trovate inesplose sulla scena del delitto Rostagno, i periti rispondono ricordando che si tratta di cartucce trovate smontate e non si può dire se erano uguali o meno, i periti hanno esaminato i fondelli delle cartucce, perché ad esaminare queste cartucce fu per primo il colonnello Lombardi e le cartucce sono state aperte con un procedimento di taglio.

Il numero delle cartucce inseribili varia in relazione alla lunghezza ? Si

Il foro nel lunotto posteriore è paracentrale destro

L’ avvocato Galluffo pone domande sulle cartucce inesplose trovate sulla scena del delitto Rostagno, in particolare ipotizza essere scivolate via dal fucile collassato al momento del delitto. Il Milone insiste nel dire che non e possibile dire se queste cartucce erano li dentro, l’assunto da cui parte l’avvocato, in questo caso spiega Milone, e’ quello che nel fucile c’erano sei cartucce, tre esplose e tre inesplose, teoricamente si, ma non ci sono elementi per dirlo.

E’ la volta dell’avvocato Vito Galluffo.

Positiva la comparazione balistica perchè uguale composizione e morfologia delle striature.
Le cartucce erano tagliate e non misurabili e non sono state misurate.
In quel fucile usato nel caso Rostagno quante cartucce di quelle ritrovate inesplose sulla scena del delitto (del tipo Rc4 della Fiocchi) potevano essere contenute ?
Il fucile usato per l’omicidio non l’abbiamo, ma il fucile Breda modello Antares nelle sue diverse configurazioni può contenere da 2+1 a 5+1 cartucce.
In precedenza era stata formulata una domanda sulla possibilità che a sparare possa essere stato un solo soggetto, il Milone conferma che come ipotesi è possibile, tuttavia i periti propendono per due fonti di fuoco.
Le canne possono esplodere ? Si
Visto i tre bossoli reperiti è corretto dire che partirono circa 90-95 pallottoncini ? Si. E dove sarebbero finiti i circa 70 che non sono stati repertati ? Forse nella tappezzeria ma è improbabile che siano finiti fuori.
Non c’erano segni di caricamento domestico nei bossoli ritrovati.
E’ una ipotesi (motivata) quella che i primi colpi siano stati sparati da dietro.
E’ una ipotesi possibile quella che lo sparatore da dietro possa avere sparato con una sola mano.
E’ possibile che esplodendo il fucile chi lo impugna non si faccia male ? Si se indossa un guanto da tiratore.
Non c’è modo di sapere se le inesplose rinvenute siano del medesimo fucile che ha sparato
L’avvocato Vito Galluffo introduce la possibilita’ facendo relativa domanda ai periti che Rostagno possa esse stato attinto non dal finestrino lato guida ma da quello posteriore della Duna, Milone non esclude la possibilita’.

La parola all’avvocato Ingrassia, difensore di Virga.

E’ la volta quindi dell’avvocato Vezzadini che chiede chiarimenti su quali sono gli elementi che incidono sulle microstriature e se incidono i materiali costitutivi del bossolo e/o altri elementi esterni che possono incidere.
La risposta è che non incidono più di tanto i materiali costitutivi.
Le impronte a freddo vengono sempre lasciate ad ogni caricamento.
Sul proiettile non è stata rilevata traccia di vetro.
Alla conclusione che si trattasse di un fucile Breda Antares si è arrivati perchè questo modello presenta la caratteristica di un dente che blocca le cartucce all’interno.

Il presidente Pellino chiede chiarimenti ai testi su alcune didascalie della foto n.25 (frammentp di legno appartenenti alla basculla), la bascula e non basculla è una parte del fucile da caccia, e foto n.32 pezzo di ottone ecc. che sarebbe il freno del fucile.
Altro chiarimento posto che su un bossolo ci sono impronte a freddo che possono derivare anche dal caricamento in un’ arma diversa da quello in cui viene utilizzato le impronte a freddo non subiscono alterazione.
Sono state riscontrate nella comparazione solo impronte a freddo di cameramento ed una impronta a freddo dovuta ad un dente metallico.
La macchina verosimilmente aveva già arrestato la sua corsa al momento dell’esplosione dei colpi.
Il colonnello Lombardi nella sua relazione indica come le cartucce da lui sezionate presentassero 31, 32 e 33 pallettoncini e non indica il peso. Secondo le tabelle della Fiocchi si avrebbero circa 32 pallini in relazione al peso prestabilito.

L’avvocato Salvatore Galluffo chiede se le modalità di inserimento manuale influiscono sulle microstriature. La risposta è no perchè è il passaggio obbligato stesso che le determina.
Le microstrie sono lasciate solo da quell’arma e finiscono per determinare una singolarità d’arma.

L’udienza di chiude qui.

Annullate le udienze del 26 ottobre e del 2 novembre, prossima udienza il 9 novembre seguirà il 16 l’esame del maresciallo Cannas, quindi il 23 e il 30 novembre.
Il 9 novembre saranno sentiti ufficiali ed ispettori impegnati nelle indagini e nelle perizie.

La precedente udienza del 12/10/2011 la trovate qui

grazie a Radio Radicale

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Trapani: non c’è pace tra le tonache (3)

Dopo la publicazione dell’articolo di ieri sull’Unità di cui si è detto qui è ora il turno delle dichiarazioni:

quella del Vescovo di Trapani Monsignor Francesco Miccichè

Il Vescovo di Trapani Francesco Miccichè esprime la propria gratitudine alla magistratura trapanese e alle forze dell’ordine per il tenace e imparziale impegno al servizio della verità grazie al quale, senza tema di smentita, oggi può dichiarare che non solo non è indagato e non lo è mai stato, ma è persona lesa in un procedimento giudiziario ancora in corso che purtroppo, comunque, infligge una ferita alla Chiesa trapanese a causa di alcune delle persone coinvolte.

Senza entrare nel merito delle questioni su cui deve ancora pronunciarsi la magistratura, il vescovo e la diocesi di Trapani ritengono doveroso rendere note queste notizie per il bene dei fedeli da tempo ormai in balìa di notizie false create ad arte che, alcune volte, nel tentativo di creare il “caso mediatico”, hanno persino sfiorato il grottesco.

Da mesi la Chiesa trapanese è al centro di una violenza mediatica senza pari, con la reiterata pubblicazione di notizie prive di fondamento purtroppo ripresa anche da testate giornalistiche prestigiose senza la verifica delle fonti; di attacchi personali, non solo al vescovo ma anche ad alcuni sacerdoti di una volgarità inaudità, di numerosi tentativi di creare panico e confusione tra i fedeli con falsi allarmismi, decine di anonimi e falsi che hanno oltraggiato non solo la persona del vescovo Miccichè ma l’intera comunità ecclesiale trapanese.

Una barbarie: una vera e propria strategia i cui manovratori speriamo non rimangano occulti. Nonostante gli attacchi, la Chiesa trapanese ha continuato e continuerà – con il vescovo, i suoi presbiteri e diaconi, i religiosi e le religiose e tutti i laici – nel suo impegno al servizio dell’annuncio del Vangelo e del bene comune: nelle parrocchie, nelle associazioni, nelle attività culturali, in tutti i campi della vita sociale certa che, nei limiti e nelle fragilità umane, il Signore, anche nella prova, la chiama ad una rinnovata adesione alla Sua missione nel mondo. La prova dolorosa può diventare, infatti, una felice occasione di rinnovamento e conversione prechè la Chiesa possa essere, come ha indicato recentemente Benedetto XVI, sempre più libera dai lacci materiali e politici ed essere sempre più trasparenza i Dio.

Nell’esprimere serenità e disponibilità al dialogo, con il cuore gonfio della carità cristiana verso tutti gli attori di questa triste vicenda, il vescvo ritiene comunque doveroso dare mandato ai suoi legali, in quanto parte lesa, per il perseguimento della giustizia e della verità.

Il ricavato sarà devoluto all’istituzione di un premio giornalistico per incoraggiare il giornalismo coraggioso che con serietà, rifuggendo il sensazionalismo, persegue la ricerca della verità nel rispetto della dignità umana.

quella del senatore del Pdl Antonio D’Alì:

Con rifermento alle notizie di stampa,non essendo a alcun titolo componente del clero, né Monsignore, né chierichetto, sono assolutamente estraneo a vicende che riguardano, o hanno riguardato la Curia trapanese. Sono sinceramente sorpreso delle considerazioni svolte nell’articolo e ormai molto stanco di essere tirato in ballo ogni qualvolta si verifica una indagine su Trapani. Ora pure per una questione tutta interna alla amministrazione ecclesiastica. Mi attendo che alla prossima lite di condominio in un qualsiasi palazzo di Trapani io sia indicato come complottista dell’accaduto.

quella di Gianfranco Criscenti corrispondente ANSA (dalla sua bacheca Facebook):

Apprendo da ”L’Unità” di essere indagato, nell’ambito della querelle tra il vescovo di Trapani Francesco Miccichè e don Ninni Treppiedi. L’accusa è di diffamazione. Nell’articolo si omette (dimenticanza?) che c’e’ una visita apostolica disposta dal Vaticano e mi si accosta a dei complottisti, con sullo sfondo la regia di potenti come il senatore D’Ali’. Per rispetto della magistratura mi astengo da ogni commento sulla vicenda fino a quando non sarà del tutto chiarita.

Trapani: non c’è pace tra le tonache (2)

Colpo di scena nell’inchiesta sulla curia trapanese di cui ci eravamo occupati qui e qui.
Ne riferisce il giornalista Nicola Biondo in un articolo apparso nell’edizione di oggi de L’Unità dal titolo:

Trapani, complotto contro vescovo – Lo accusa un prete vicino a Pdl

“Un prete disinvolto con il pallino degli affari e amicizie altolocate. Assegni per 172 mila euro sottratti a due parrocchie di paese, Alcamo e Calatafimi. Una campagna di stampa orchestrata per colpire gli avversari interni alla Chiesa. Indizi di una truffa milionaria ancora da scoprire È un sistema quello che emerge dalle indagini della Procura di Trapani che ha indagato 13 persone per reati che vanno dal furto alla ricettazione alla frode informatica. Un sistema – questo il suo tratto più caratteristico – che oscurava le proprie mosse addossando ad altri, in particolare al vescovo di Trapani Francesco Micciché, pesanti responsabilità nella gestione dei fondi della Curia utilizzando alcuni cronisti locali, indagati per diffamazione e calunnia, per propalare notizie false. Le indagini ancora in corso disegnano un complotto all’interno della Chiesa con l’ausilio di ambienti esterni alla Curia trapanese. Sono due fino ad oggi i filoni d’inchiesta: il principale riguarda gli autori materiali delle malversazioni, il secondo si riferisce ad episodi di diffamazione. Una connection che secondo indiscrezioni non si fermerebbe agli attuali indagati ma potrebbe risalire ad altri e più clamorosi episodi di furto e ricettazione dei beni ecclesiastici, le cui tracce in almeno un caso porterebbero fino in Vaticano.

Protagonista della vicenda un giovane sacerdote Ninni Treppiedi, 36 anni, ex direttore amministrativo della Curia e in strettissimi rapporti con l’attuale numero uno del Pdl a Trapani, il senatore Antonio D’Alì. Indagato per ricettazione, furto, calunnia, frode informatica e falso ideologico, Treppiedi è accusato di aver trasferito dal 2008 ai suoi familiari e complici, tutti indagati, 172 mila euro dalle casse delle parrocchie che gestiva tra Calatafimi e Alcamo. Tra le accuse anche quella di stalking nei confronti del Vescovo, atti compiuti da uomini del giovane parroco con missive anonime e minacce di vario tipo. Al religioso, sospeso a divinis da quasi un anno, gli inquirenti hanno sequestrato un Pc e svariati documenti. Ma nell’inchiesta non ci sono solo assegni.

La Finanza ha operato perquisizioni in un convento e in alcuni studi notarili trapanesi alla ricerca di atti di compravendita di immobili avvenuti quando Treppiedi gestiva l’ufficio amministrativo, prima di essere estromesso dal Vescovo. Sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori sono finiti così almeno una ventina di rogiti di beni della Curia venduti su cui risulta la firma del Vescovo Micciché. Vendite di cui l’alto prelato afferma di non sapere nulla. E, secondo alcune perizie, quelle firme sono tutte uguali, troppo uguali, come se fossero messe lì con un gioco di copia e incolla fatto al computer. Gli investigatori sospettano che il sistema-Treppiedi abbia in realtà gestito anche altre operazioni fraudolente, avvalendosi di notai, avvocati e funzionari di banca. E su questo le indagini continuano. Un prete ambizioso e dalle mille facce: oltre a D’Alì, sono noti i rapporti di Padre Ninni con il cardinale Franc Rodé a cui avrebbe regalato una potente auto. Il giovane religioso millantava anche una cattedra alla Lumsa, partecipava a riunioni politiche e più di una volta si è scagliato contro alcune trasmissioni (come Anno Zero) colpevoli di dare un’immagine negativa della provincia trapanese, da sempre terra di mafia e massoneria.

E si arriva così alla seconda tranche dell’inchiesta, quella che vede indagati lo stesso Treppiedi e due cronisti trapanesi, il corrispondente trapanese dell’Ansa e un collaboratore del Fatto, per i reati di diffamazione e calunnia. L’inchiesta odierna ribalta una verità che sui mass media, grazie ai due cronisti imbeccati dal Treppiedi, aveva conquistato le prime pagine. Una verità che voleva il Vescovo indagato per aver fatto sparire oltre un milione dalle casse della Curia, che lo accusava di aver acquistato per se e un familiare due prestigiose ville e di avere come autista un personaggio dal «robusto pedigree mafioso». Accuse false secondo i documenti oggi in possesso della Procura. Accuse – dice l’inchiesta – dettate alla stampa proprio da quel Treppiedi silurato dal Vescovo e oggi accusato di furto e ricettazione.

All’apparenza una storia di provincia. Ma tra gli investigatori c’è il sospetto che dietro i singoli reati non vi sia solo il denaro o l’ambizione di un prete disinvolto ma una precisa regia, i cui protagonisti, non ancora pienamente emersi dalle indagini in corso, appaiono gli stessi che da anni si scagliano contro i protagonisti più esposti della lotta antimafia a Trapani.”

19 ottobre 2011

da L’Unità online

NB – il grassetto è di Diarioelettorale

In Molise vincono i “disgustados” !

Troppo facile fare un titolo così, ma la tentazione è stata irresistibile!

Si votava tra domenica 16 e lunedi 17 nel piccolissimo Molise per il rinnovo del parlamento regionale e del governatore.
Due gli schieramenti principali e due le formazioni di disturbo.

Resta il fatto che alla fine hanno vinto loro i “disgustados”, il partito di quanti si sono rotti della finzione degli schieramenti e tra questo è quello hanno scelto di non andare a votare.

Così di pochissimo, il governatore uscente Michele Iorio, del Pdl, si conferma presidente del Molise, grazie a un vantaggio sullo sfidante di centrosinistra Paolo Di Laura Frattura di appena lo 0,79 %.

Vi diranno che determinante, come già accaduto in Piemonte è stato il consenso ottenuto dal Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, il cui candidato Antonio Federico ha ottenuto oltre il 5,6% dei consensi, ma non è tutta la verità.

Si è vero che il candidato dello schieramento propriamente detto PDL, con candidato PDL il presidente uscente, (che si avvia a governare per il terzo mandato consecutivo), ha ottenuto il 46,94% e che il candidato dello schieramento di centro-sinistra, con candidato l’ex PDL Paolo di Laura Frattura ha ottenuto il 46,15%, che aritmeticamente sommati al 5,6% del candidato grillino gli avrebbe consentito di vincere, ma la politica è stata mai solo aritmetica ?

Il vero dato su cui riflettere è invece il dato che misura il disgusto della gente comune nei confronti della “fiction” in cui si è trasformata la politica italiana ed anche quella molisana, la disaffezione: alle urne è andato solo 59,7% degli aventi diritto contro il 65% della tornata precedente. Un partito quello dei “disgustados ormai oltre il 40%

PS. Il Cristiano Di Pietro, figlio del contadino “dalle scarpe grosse e dal cervello fino”, di quello che vuole la reintroduzione della legge Reale, c’è l’ha fatta e godrà per gli anni a venire della sua brava rendita. Enjoy !

*** – Integrazione:

Elezioni 2011 – Partito Democratico 17.735 voti 9,33%
Elezioni 2006 – Margherita e Ds 24.810 + 21.767 voti 23,33%
E su l’Unità si spiega quanto accaduto in Molise così. D’altra parte il 14 ottobre Rosy Bindi aveva pensato bene di attribuire i propri fallimenti parlamentari ai radicali. Cosa ancor più grave è che in troppi tra i militanti del Pd hanno abboccato, il che fa ragionevolmente ritenere che abboccheranno anche a questa spiegazione.