”Cerca su Google Salvatore Farina” e ”vedi con chi hai a che fare”

Perchè al tempo della rete non basta essere mafiosi, ma bisogna avere il curriculum criminis in rete !

“Francesco Palmieri era arrivato mesi fa in Italia per riscuotere un credito vantato da alcuni boss mafiosi americani nei confronti dell’imprenditore lucano Lorenzo Marsilio. Un credito risalente a 30 anni fa. Palmieri è stato bloccato dai poliziotti in un appartamento di Brooklyn, dove abitava senza risultare registrato. Oltre a Palmieri, è stato arrestato a New York anche Amabile. All’operazione hanno partecipato anche funzionari della polizia italiana.

L’indagine, sottolineano gli investigatori, ha documentato “ancora una volta l’esistenza di un tradizionale e consolidato asse criminale tra i sodalizi mafiosi operanti negli Usa e le organizzazioni radicate sul territorio italiano”.

‘Ciccio l’americano’, un mln e avrai appoggi politici – La richiesta all’imprenditore era di un milione di euro, in rate da centomila euro, per ”saldare” il debito contratto con la cupola statunitense negli anni Ottanta: dando questi soldi ”non avrai più problemi’ e ”noi ti aiuteremo per qualsiasi esigenza” assicurando ”anche appoggi politici”. E’ uno dei particolari che emerge dall’inchiesta ”Underboss”, in base a varie conversazioni tra l’amministratore della Sud Elettra, Lorenzo Marsilio, Francesco Palmieri (”Ciccio l’americano”, della famiglia Gambino), Giovanni Grillo e Salvatore Farina (che secondo gli investigatori è affiliato al boss Cesare Bonventre). Tutti latori di ”imbasciate dall’America”, recapitate non solo a voce, ma anche attraverso cartoline e messaggi anonimi: ”Dopo i vari tentativi – è scritto in una lettera scritta a mano e lasciata alla casella postale della Sud Elettra nel 2013 – andati a vuoto le chiediamo di mettersi in contatto con il nostro incaricato riguardo al contenzioso che si protrae da quasi 30 anni, non ci faccia più aspettare”.

Le minacce: cerca su Google, vedi con chi hai a che fare – ”Ciccio l’americano” parla a nome dei Gambino di New York, ma per convincere l’imprenditore lucano a onorare il suo debito, gli ricorda anche chi è l’altro referente: ”Cerca su Google Salvatore Farina” e ”vedi con chi hai a che fare”, utilizzando quindi una sorta di ”pizzino 2.0”. Per gli investigatori che hanno condotto l’inchiesta ”Underboss”, Farina è un affiliato al boss Cesare Bonventre, capo dell’altra storica famiglia della mafia newyorkese, i Bonanno: l’invito era chiaro, e puntava a far ”scoprire” all’imprenditore – secondo quanto è stato spiegato nella conferenza stampa che si è svolta stamani a Potenza – attraverso i link in rete, che Farina era, con il padre, uno dei componenti del gruppo di fuoco che nel 1983 uccise il pm Ciaccio Montalto. Tutti poi furono pero assolti, ma la ”velata” minaccia poteva pero essere idonea, secondo le intenzioni di ”Ciccio l’americano”, ad ammorbidire l’imprenditore.”

da ANSA.IT

15 anni e 4 mesi per Diego Rugeri: braccio destro del boss Bonura

“TRAPANI. Il tribunale di Trapani ha condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione Diego Rugeri, 34 anni, di Castellammare del Golfo, per associazione mafiosa, tentata estorsione e danneggiamenti. Arrestato due anni fa nell’ambito dell’operazione antimafia “Crimiso”, assieme a una decina di presunti affiliati alla cosca di Alcamo, Rugeri è ritenuto dagli inquirenti il braccio destro di Antonino Bonura, considerato l’attuale reggente del mandamento.”

tutto l’articolo su GDS.IT

“Le indagini della squadra mobile di Trapani e del commissariato di Castellammare del Golfo, le attività di intercettazione e i servizi di pedinamento assieme alle testimonianze di alcuni degli imprenditori ricattati, hanno rilevato come Diego Rugeri si era gettato a capofitto nell’attività di taglieggiamento nei confronti di diversi imprenditori e commercianti. Le indagini avevano messo in luce anche indiscutibili attriti e contrasti all’interno della cosca. Diego Rugeri infatti aveva deciso di sostituirsi al capo del clan, Michele Sottile per diventare lui stesso capo della famiglia. Con riti alternativi erano stati già condannati Michele Sottile, 8 anni e 2 mesi, Vincenzo Campo e Nino Bonura, 8 anni, Nicolò Pidone 6 anni e 6 mesi, Sebastiano Bussa e Rosario Tommaso Leo 6 anni, Giuseppe Sanfilippo 5 anni e 2 mesi, 4 anni per Salvatore Mercadante e Vincenzo Bosco.”

tutto l’articolo su palermo.repubblica.it

“Aiu statu svinturateddu signor Presidente”

Eravamo nel secolo scorso e a Palermo nell’aula bunker dell’Ucciardone si celebrava il Maxiprocesso alla mafia.
Un giorno nel corso di una delle udienze quest’uomo, più che un uomo un mito, dette del mafioso palermitano questa indimenticabile interpretazione da Oscar !

Riprendono i lavori del porto: toccarsi please !

L’assessore regionale alle Infrastrutture, Nico Torrisi, ha annunciato oggi che non ci sono più ostacoli burocratici per la ripresa dei cantieri per entrambi i lotti di lavori dell’area portuale.

Il primo lotto sospeso per il sequestro dei lavori per l’utilizzo di cemento depotenziato sarà eseguito dalla medesima ditta che aveva eseguito le precedenti opere la CO.VE.CO. quella coinvolta nella recente indagine sul MO.SE.
Resta da realizzare ancora un trenta per cento circa del totale dei lavori preventivati per un ammontare di sette milioni di euro circa.

L’ulteriore prosieguo dei lavori, il cosiddetto secondo lotto, era stato aggiudicato in un primo tempo ad un’ATI (Associazione temporanea di Imprese) costituita da COMES TIGULLIO di Chiavari (Ge), CA.TI.FRA srl di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), SEICON srl di Castellammare del Golfo (TP) e CO.GE.TA. srl di Trapani, quest’ultima oggetto di sequestro perchè nella disponibilità di Vito Tarantolo e tramite lui (è la convinzione degli inquirenti) in quelle di Matteo Messina Denaro.

Pertanto dopo la rinuncia dell’ATI aggiudicataria i lavori sono stati aggiudicati alla ditta che seguiva in graduatoria. In questo caso i lavori sono pari a circa quindici milioni e mezzo di euro.

Alla conferenza era presente l’onorevole MImmo Turano.

toccarsi

 

Solidarietà, solidarietà

Scrive Marco Bova su MALITALIA :

In settimana la stampa ha dedicato parecchio spazio alle denunce del Prefetto Leopoldo Falco riguardo “l’interessamento di alcuni soggetti alla concessione di centri di accoglienza, individuati come prestanome di mafiosi e respinti. Parlo di soggetti che negli anni hanno rappresentato gli affari di multinazionali impegnate nell’eolico”. Parole forti che il Prefetto aveva già rilasciato oltre un mese fa a Mariza D’Anna de La Sicilia senza sortire alcun effetto. Tuttavia, andando a spulciare i gestori dei centri straordinari, ci si imbatte nel nome di una cooperativa che alcuni anni fa è stata considerata a disposizione del politico Norino Fratello, ex deputato regionale Udc che ha patteggiato una condanna a un anno e mezzo per concorso esterno in associazione mafiosa. Si tratta della società cooperativa Letizia, che gestisce un Cas a Castellammare del Golfo ospitando 44 persone.
Proprio i centri di accoglienza per migranti, durante l’ultima tornata elettorale che ha visto riconfermati i sindaci di Mazara del Vallo e Salemi (4 centri gestiti da: cooperativa Corf, Sicilia Bedda, Terraferma onlus e Arca Salemi), sono stati al centro del dibattito politico riguardo possibili episodi di voto di scambio. Sull’argomento in campagna elettorale è intervenuto anche Vittorio Sgarbi, impegnato nella corsa a primo cittadino di Salemi e sconfitto dal locale candidato Pd. “Giungono notizie – spiega Sgarbi – secondo le quali, in questi giorni, c’è chi cerca il consenso promettendo assunzioni come docenti e tutor in corsi di formazione professionale, e posti di lavoro in centri per l’accoglienza d’immigrati aperti in questi ultimi mesi. Con i miei collaboratori stiamo valutando e raccogliendo queste segnalazioni per verificarne la fondatezza, al fine di presentare, eventualmente, un esposto all’Autorità Giudiziaria, alla quale chiedo, comunque, di vigilare perché la competizione elettorale si svolga liberamente”.

tutto l’articolo qui

update 13/06/2014 ***

Nel corso di una conferenza stampa il Prefetto Falco ha fornito ieri tutti i dati relativi all’accoglienza. Così li riporta TP24.it

Le strutture interessate nel territorio sono diverse e diffuse per le varie città. Ci sono sia strutture pubbliche che private. Ecco l’elenco completo.

Gli Ipab sono questi. Castellammare del Golfo: Ipab Opera Pia Regina Elena e V.E. II, gestito dalla Cooperativa Letizia, con 21 ospiti tra donne e nuclei familiari, su una capienza di 50 persone. A Marsala, la Casa di Riposo Giovanni XXIII, in cui sono ospitate 96 persone, tutti uomini, su una capienza di 100 persone. Partanna, Boccone del Povero Riggirello, gestito dalla Cooperativa Solidarietà, con 60 uomini, su 60 posti permessi. A Salemi, l’Ipab San Gaetano, gestito dall’Opera Pia San Gaetano, 8 donne ospitate, su 11 posti disponibili. A Trapani, il Residence Marino, gestito internamente, con 101 persone ospitate, tutti uomini, con una capienza massima di 89 unità e di conseguenza un esubero di 12. Sempre a Trapani c’è il CAM Serraino Vulpitta che ospita 126 persone, tutti uomini, su una capienza di 132.

Gli altri centri in provincia sono i seguenti.

Trapani. C.A.R.A./C.D.A. di Salinagrande gestito da Badiagrande, ospita 320 persone, su una capacità di 260, quindi vengono ospitate 60 persone in più.

Marsala. Hotel Concorde, gestito dalla Società Cooperativa Vivere Con, che ospita 74 persone, tutti uomini, su una capacità di 78. Sempre la Cooperativa Vivere Con gestisce il Centro 1° Maggio, che sarebbe l’Hotel Acos, con 122 persone ospitate, su una capienza di 109. Anche qui tutti uomini.

Campobello di Mazara. Convento Santa Caterina, gestito dalla Coop. Solidarietà, ospita 38 persone, tutti uomini, su una capienza massima di 38. Il Centro Karibu, gestito dalla società La Mimosa, ospita 48 uomini su 48 posti disponibili.

Castellammare del Golfo. Nel Centro Sicilia 1, gestito dalla Società Cooperativa Serenità, vengono ospitate 70 persone, due in più della capienza massima. Castellammare solidale, gestito dalla Coop. Letizia su 50 posti di capienza massima ospita 59 persone, tutti uomini.

Castelvetrano. Il centro La Locanda Selinunte, gestita da I Locandieri, ospita 118 persone du una capienza di 121. Il Baglio Elia, gestito dalla Coop. Insieme Onlus, ospita 45 persone, tutti uomini su 45 posti disponibili. Il centro La Terrazza Sul Mare, Aureus, gestito dal Gruppo Insieme, ospita 75 persone su una capienza massima di 80 unità.

Custonaci. L’Hotel Poma, gestito dalle associazioni Acuarinto, Gepsa, Centro Studi Salemi, ospita 98 persone, 19 in più rispetto ai 79 della capienza massima.

Mazara del Vallo. Soltanto al centro Don Pino Puglisi, gestito dalla Fondazione San Vito, ospita 26 persone, tutti uomini, su una capacità di 27.

Salemi. E’ la città in cui sono utilizzati più centri della provincia. Il centro MSSI via Favara, gestito dall’associazione MSSI ospita 41 persone su 45 posti, sono tutti uomini. La CORF, gestito dalla Cooperativa CORF, ospita 43 persone su 37 posti, tra donne e nuclei familiari. Il Centro Sicilia Bedda, gestito dall’Associazione Sicilia Bedda, ospita 39 persone su 40 posti a disposizione. Il centro Terraferma, gestito dalla omonima onlus, ospita 33 persone su una capacità massima di 36. E ancora Villa Mojarta, gestita sa ARCA salemi, con 149 ospiti su 150 posti, sono tutti uomini anche qui. Al Cas Fiumelungo, gestito dal Consorzio Solidalia, sono ospitati 30 profughi, tutti uomini, su 30 posti disponibili.

Valderice. Il centro Bonagia, gestito da Badiagrande ospita 141 persone, tutti uomini, uno in più della capienza massima.

A questi si aggiunge il Cie di Trapani Milo con 45 ospiti, su una capienza di 204 persone

Castellammare: condannati i tre degli “arretrati”

Trapani, eredita azienda e il pizzo: tre condanne dopo la denuncia

PALERMO. Dal padre, e poi dalla madre, aveva ereditato l’azienda, la Agesp spa. Ma assieme alla società, operativa nel campo dei rifiuti, Gregory Bongiorno s’era portato dietro anche un pesante fardello: il pagamento del pizzo. Lo scorso anno Bongiorno ha denunciato i suoi estorsori e sotto processo, davanti al gup Giangaspare Camerini, sono finiti Mariano Asaro, ritenuto dagli inquirenti esponente di spicco di Cosa nostra del Trapanese, Gaspare Mulè, e Fausto Pennolino. Il gup ha condannato a 8 anni e 10 mesi Mulè (che in continuazione con una precedente condanna ha avuto 11 anni e 10 mesi), a 3 anni e 8 mesi Asaro (18 anni e 8 mesi in continuazione con una
precedente condanna), e a 6 anni e 8 mesi Pennolino (8 anni e 10 mesi in continuazione). Tutti accusati di estorsione e tentata estorsione aggravate dalla modalità mafiosa.

Dopo aver preso in mano l’azienda in seguito alla morte della madre, l’imprenditore, nel 2005, avrebbe consegnato 10 mila euro a Mulè, che si era presentato quale rappresentante dei boss. Le pressioni estorsive sarebbero andate avanti fino ad aprile 2007. Poi un lungo periodo di pausa, poichè i suoi estorsori vengono arrestati e condannati per il loro organico inserimento nell’associazione mafiosa. Cinque mesi dopo avviene la svolta in Confindustria, con l’adozione del nuovo Codice etico: fuori dall’associazione gli imprenditori che non denunciano. Bongiorno porta avanti l’attività fino a quando la mafia, l’anno scorso, ribussa ai cancelli della sua azienda. Pretende il pagamento degli arretrati: 60 mila euro, maturati, secondo la cosca, dal 2007 a oggi. Bongiorno, da un anno alla guida degli industriali trapanesi, decide di denunciare gli estorsori

da GDS.IT

Tutta la vicenda qui

“Uno di questi ha una cava a Castellammare e dice di essere già a posto”

Non è che si stia parlando di stretta attualità (ma visto che si parla anche di CO.VE.CO forse si), ma era il primo febbraio del 2008 quando Alessandra Ziniti in un articolo su “La Repubblica“, relativo agli interessi dei Lo Piccolo citava un appunto rinvenuto dagli investigatori e relativo ai lavori del porto di Castellammare: “Lavoro porticciolo di Castellammare è di 24 milioni. Le imp sono Stf – Co.Ve.Co – Co.ge.m. Uno di questi ha una cava a Castellammare e dice di essere già a posto“.
I lo piccolo Salvatore e Sandro, padre e figlio erano finiti in manette nel novembre del 2007 sorpresi dalla polizia in una villetta a Giardinello, tra Cinisi e Terrasini, nel palermitano. Salvatore Lo Piccolo, latitante dal 1983, era ritenuto all’epoca al vertice di Cosa Nostra palermitana e non solo. Con loro tra gli altri fu catturato quel Gaspare Pulizzi che di li a poco sceglierà di collaborare con gli investigatori e di cui avete potuto leggere dichiarazioni relative ai lavori del porto di Castellammare qui.

Le mani di Lo Piccolo sugli hotel
Prusst, appalti comunali, finanziamenti regionali. La holding imprenditoriale che faceva capo a Salvatore Lo Piccolo lavorava in tempo reale e con meccanismi collaudati. E al boss non era certo sfuggito il business dei tanti alberghi progettati o in via di realizzazione in città e nell’ intera provincia. Nel suo archivio, al quale da quasi due mesi lavora alacremente il pool di magistrati (Domenico Gozzo, Gaetano Paci e Annamaria Picozzi), coordinato dal procuratore aggiunto Alfredo Morvillo, se ne trova più di una traccia. A uno dei suoi uomini soprannominato “Trottola”, Lo Piccolo, ad esempio, aveva affidato il compito di seguire l’ iter di realizzazione di un albergo il cui progetto è incluso in uno degli ultimi Prusst approvati. «Il signor Alagna per albergo vicino la statua della libertà», è l’ appunto annotato in un “pizzino” nel quale c’ è un riferimento anche ad un lavoro fuori provincia, l’ acquedotto di Gela. E basta controllare i progetti di nuovi alberghi approvati in città per trovare puntuale riscontro in un hotel a quattro stelle che la società “Nuovi Orizzonti II” deve realizzare in un’ area compresa tra Piazza Vittorio Veneto e via Croce Rossa, appunto “vicino la statua della libertà”, come scritto nel “pizzino”. Con il titolare di un vecchio albergo dell’ hinterland, invece, gli uomini del boss avevano qualcosa a che dire per via di una nuova iniziativa sfuggita al loro controllo. Ecco l’ appunto: «Ma in che rapporti ci siete con il proprietario dell’ hotel Porto Raisi? Perché sta facendo un fabbricato a Malaspina e fa discorsi da sbirro». Così, i picciotti del racket definiscono chi pensa di respingere le loro richieste. Ed ecco infatti subito dopo esplicitato il “problema” da risolvere. «Un certo Marchese sta facendo un fabbricato a Malaspina e quando i ragazzi gli hanno detto che si doveva mettere a posto voleva chiamare i carabinieri». A Sandro Lo Piccolo, invece, viene posto un altro problema su un altro albergo, questa volta a San Vito Lo Capo, di pertinenza di un costruttore palermitano. «Per figlioccio Sandro», è l’ intestazione dell’ appunto poi cancellato con delle croci come se fosse già stato “evaso”: «Chiedere al costruttore Amato di Corso Calatafimi il perché non gli ha voluto più affittare l’ albergo che ci ha a San Vito Lo Capo a quella persona di Resuttano. (ok) a due appartamenti soltanto». Dagli alberghi agli appalti pubblici. I Lo Piccolo erano estremamente aggiornati su tutti i bandi emessi dalle pubbliche amministrazioni, sulle cifre degli appalti e ovviamente sulle ditte aggiudicatarie. Sul progetto di riqualificazione del parco della Favorita, ad esempio, avevano già messo gli occhi come si evince da questo appunto: «Mi. cos. srl + G.C. Costruzioni Società Generali costruzioni S.a.s devono fare nel Parco della Favorita 2,4 milioni di euro per illuminazione, acquedotto, fognatura più la sistemazione dell’ immobile della protezione civile». E sotto, un appunto su ditte e forniture: «Interessa NN. Belm. Mezz. 1 escavatore + 2 camion, attendo risposta». Nel calepino degli esattori ci sono molti altri appalti: «Lavoro porticciolo di Castellammare è di 24 milioni. Le imp sono Stf – Co.Ve.Co – Co.ge.m. Uno di questi ha una cava a Castellammare e dice di essere già a posto».
ALESSANDRA ZINITI”

Per non dimenticare che in una notte come quella appena trascorsa…

La Strage di via dei Georgofili

La strage di via dei Georgofili è stato un attentato dinamitardo avvenuto nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993 tramite l’esplosione di un’autobomba in via dei Georgofili a Firenze, nei pressi della storica Galleria degli Uffizi. L’esplosione dell’autobomba imbottita con circa 250 chilogrammi di esplosivo provocò l’uccisione di cinque persone: i coniugi Fabrizio Nencioni (39 anni) e Angela Fiume (36 anni) con le loro figlie Nadia Nencioni (9 anni), Caterina Nencioni (50 giorni di vita) e lo studente Dario Capolicchio (22 anni), nonché il ferimento di una quarantina di persone. Tale attentato viene inquadrato nella scia degli altri attentati del ’92-’93 che provocarono la morte di 21 persone (tra cui i giudici Falcone e Borsellino) e gravi danni al patrimonio artistico.

Storia

Nell’aprile 1993 Gioacchino Calabrò (capo della Famiglia di Castellammare del Golfo) incaricò Vincenzo Ferro (figlio di Giuseppe, capo della Famiglia di Alcamo) di portarsi a Prato dallo zio Antonino Messana, fratello della madre, per chiedergli di mettere a disposizione un garage per alcune persone che sarebbero arrivate dalla Sicilia ma inizialmente Messana rifiutò. Per queste ragioni, Calabrò si fece accompagnare a Prato da Ferro insieme a Giorgio Pizzo (mafioso di Brancaccio) e convinse Messana con le minacce. A metà maggio, alcuni mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille (Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro, Francesco Giuliano) macinarono e confezionarono quattro pacchi di esplosivo in una casa fatiscente a Corso dei Mille, messa a disposizione da Antonino Mangano (capo della Famiglia di Roccella).

Il 23 maggio Giuseppe Barranca, Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro e Francesco Giuliano si portarono a Prato e vennero ospitati nell’appartamento di Messana, sotto la supervisione di Ferro, che li accompagnò con la sua auto nel centro di Firenze per effettuare alcuni sopralluoghi. Nei giorni successivi, i quattro pacchi di esplosivo nascosti in un doppiofondo ricavato nel camion di Pietro Carra (autotrasportatore che gravitava negli ambienti mafiosi di Brancaccio) vennero trasportati a Galciana, frazione di Prato, dove vennero prelevati da Lo Nigro, Giuliano e Spatuzza, accompagnati sempre da Ferro con la sua auto, e scaricati nel garage di Messana.

La sera del 26 maggio Giuliano e Spatuzza rubarono una Fiat Fiorino e la portarono nel garage, dove provvidero a sistemare l’esplosivo all’interno di essa ed, in seguito, Giuliano e Lo Nigro andarono a parcheggiare l’autobomba in via dei Georgofili e procurarono l’esplosione, che provocò il crollo della Torre dei Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili, nella quale rimasero uccisi Fabrizio Nencioni, ispettore dei vigili urbani, e la moglie Angela Fiume, custode dell’Accademia, insieme alle loro figlie Nadia (nove anni) e Caterina (due mesi di vita), che abitavano al terzo piano della Torre. Nelle abitazioni circostanti si propagò un incendio, che uccise anche lo studente universitario Dario Capolicchio (ventidue anni).

L’attentato danneggiò gravemente anche alcuni ambienti della Galleria degli Uffizi e del Corridoio Vasariano, che si trovavano nei pressi di via dei Georgofili: il 25% delle opere d’arte presenti fu danneggiato mentre i capolavori più importanti furono protetti dai vetri di protezione che attutirono l’urto; alcuni dipinti andarono invece perduti per sempre:
Il Concerto musicale di Bartolomeo Manfredi.
Giocatori di Carte di Bartolomeo Manfredi.
L’adorazione dei Pastori di Gerrit van Honthorst.
Aquila di Bartolomeo Bimbi.
Avvoltoi, gufi e beccaccia di Andrea Scacciati.
Scena di caccia di Francis Grant.
Grande cervo in una palude di Edwin Landseer[5].

Indagini e processi

Le indagini ricostruirono l’esecuzione della strage di via dei Georgofili in base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Pietro Carra, Vincenzo e Giuseppe Ferro, Salvatore Grigoli, Antonio Calvaruso, Pietro Romeo e Vincenzo Sinacori: nel 1998 Giuseppe Barranca, Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro, Francesco Giuliano, Giorgio Pizzo, Gioacchino Calabrò, Vincenzo Ferro, Pietro Carra e Antonino Mangano vennero riconosciuti come esecutori materiali della strage nella sentenza per le stragi del 1993.

Nel 2008 Spatuzza iniziò a collaborare con la giustizia e confermò le sue responsabilità nell’attentato di via dei Georgofili: in particolare, Spatuzza dichiarò che la strage venne pianificata durante una riunione in cui erano presenti lui, Barranca e Giuliano insieme ai boss Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro e Francesco Tagliavia (capo della Famiglia di Corso dei Mille), i quali decisero l’obiettivo da colpire attraverso dépliant turistici; inoltre Tagliavia finanziò anche la “trasferta” a Firenze per compiere l’attentato. In seguito alle dichiarazioni di Spatuzza, nel 2011 la Corte d’assise di Firenze condannò Tagliavia all’ergastolo.

Sempre sulla base delle dichiarazioni di Spatuzza, nel 2012 la Procura di Firenze dispose l’arresto del pescatore Cosimo D’Amato, cugino di Cosimo Lo Nigro, il quale era accusato di aver fornito l’esplosivo, estratto da residuati bellici recuperati in mare, che venne utilizzato in tutti gli attentati del ’92-’93, compresa la strage di via dei Georgofili. Nel 2013 D’Amato venne condannato all’ergastolo con il rito abbreviato dal giudice dell’udienza preliminare di Firenze.”.

da Wikipedia

Trapani: Processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, condannati all’ergastolo Vito Mazzara e Vincenzo Virga

Dopo ventisei lunghissimi anni è stata resa giustizia alla memoria di Mauro Rostagno.

La Corte di Assise di Trapani presieduta da Angelo Pellino ha riconosciuto essersi trattato di un omicidio mafioso, emettendo la sentenza nella tarda serata del 15 maggio 2014.
Ergastolo per Vito Mazzara (esecutore dell’omicidio) e per Vincenzo Virga (mandante a capo del mandamento mafioso di Trapani), dopo oltre 50 ore di camera di consiglio e al termine di un processo iniziato il 2 febbraio 2011 e articolatosi in 76 udienze ricche di testimoni, perizie e controperizie.
Accolte infine le richieste della accusa, Pubblici Ministeri Francesco Del Bene e Gaetano Paci, che partivano da una inchiesta riaperta ed avviata in precedenza da Antonino Ingroia.

Ampunitiiiiii !!!

L’espressione è di origine romanesca, ma qui il termine, anche ed indifferentemente nella versione più asettica di “impunito“, viene definito dal dizionario online “Sabatini Coletti” come aggettivo “Che non ha avuto la debita punizione: delitto i.” e come singolare maschile “Sfrontato,sfacciato: faccia da i.”.

Il caso è quello dei pontili e del lido autorizzati ai piedi del Castello di Castellammare del Golfo , di cui si dice nel comunicato del Comune di Castellammare del Golfo:

Dietrofront del demanio per le concessioni nell’area portuale.

L’assessorato regionale non revocherà quelle già rilasciate.

Il sindaco: “Non possiamo consentire questo sfregio ambientale. Promuoverò ogni altra azione prevista dalla legge”

«Non possiamo consentire lo sfregio ambientale nella zona di cala marina e cala petrolo. E’ un fatto allarmante. Chiederemo un’audizione alla commissione regionale Ambiente, rimarcando l’opportunità della sospensione del rilascio di concessioni demaniali. Promuoverò ogni altra azione prevista dalla legge a tutela del patrimonio paesaggistico. Ho ribadito formalmente la richiesta di ritiro della concessione rilasciata. Su quelle in itinere l’amministrazione esprime la propria ferma volontà, manifestata anche con atti deliberativi della giunta e del consiglio comunale, di sospendere il rilascio di concessioni demaniali su specchio acqueo e terraferma, che creano problemi ai lavori portuali in corso ed a tutela del paesaggio attorno al castello». Lo afferma il sindaco Nicolò Coppola dopo la conferenza di servizi riguardante le concessioni demaniali nel tratto di costa che va dal castello fino a cala petrolo.

Nella precedente conferenza di servizi convocata dal sindaco perché venisse sospeso il rilascio di nuove concessioni demaniali, capitaneria di porto, soprintendenza, genio civile e demanio, avevano ritenuto legittime le richieste dell’amministrazione, concordando sull’opportunità della sospensione del rilascio di concessioni demaniali. In particolare il demanio regionale si era impegnato a verificare “la possibilità di sospendere i procedimenti non ancora conclusi”. Ieri, invece, il responsabile dell’Arta Demanio, Salvatore Di Martino, ha sottolineato che in un particolare caso (pontile sotto castello) “con dispiacere, l’ufficio ritiene non procedibile la richiesta di revoca della concessione rilasciata”. Per le istruttorie in corso, invece, è stata richiesta, entro il 12 maggio, “formale relazione all’amministrazione, sulle ragioni che contrasterebbero con il rilascio delle relative concessioni”. La Regione sembra decisa ad andare avanti: “se le argomentazioni prodotte non saranno ritenute esaustive, l’ufficio procederà all’iter istruttorio, previa comunicazione”. Il presidente del consiglio comunale, Domenico Bucca sta già convocando un consiglio straordinario urgente “a tutela dell’immagine di Castellammare. Non si può svendere e sfregiare l’immagine della città per 3.800 “denari” – ha affermato il presidente del consiglio comunale -. Il demanio non tiene in considerazione il parere negativo della soprintendenza e la mancanza del parere della soprintendenza del mare. Una vera contraddizione: perché per l’approvazione del progetto di messa in sicurezza del porto, il Comune ha dovuto osservare una precisa prescrizione della soprintendenza, cioè la realizzazione del molo soffolto, mentre in questa occasione il demanio ritiene di non dovere tenere conto del parere negativo della soprintendenza, espresso a tutela del paesaggio”.

Portavoce del Sindaco: Annalisa Ferrante

L’unica cosa che ancora resta da stabilire è chi è (o chi sono) gli “impuniti” (e per quanto tempo continueranno ad esserlo) tra funzionari regionali e amministratori e funzionari locali.